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DAL MISTERO ALLA CIVILTÀ

museo della monmtagna Torino Sacra di San Michele
Le montagne hanno sempre fatto paura. Abitate da dei e demoni, percorse da draghi ed esseri malefici, dispensatrici di frane, valanghe, alluvioni, erano luoghi del mistero da esplorare e addomesticare.

Ma la civiltà alpina è andata oltre: proprio dove la natura era più avara e ostile è riuscita a coltivare il senso del bello e a sviluppare una religiosità che si spinge oltre la paura. Lo testimonia la Sacra di San Michele, sentinella della Valle di Susa.

Così simili, così diversi

Gli uomini di quattro o cinquemila anni fa non erano così diversi dai montanari-contadini delle ultime generazioni. Avevano imparato ad adattarsi all’ambiente alpino e già manifestavano i caratteri di quella civiltà che resisterà, e si specializzerà, fino alla metà del Novecento. La sacralità delle manifestazioni naturali, soprattutto di quelle più misteriose e inaccessibili, scandiva i ritmi delle prime comunità alpine.

La cura del bello

A dispetto del comune pensiero, che spesso identifica la montagna con un mondo rozzo e arretrato, la civiltà alpina ha espresso segni di elevata cultura materiale, mutuati da uno scambio costante e creativo con il mondo della pianura. Quasi nulla, nelle valli, era finalizzato al mero utilizzo. A ogni oggetto, a ogni attrezzo, era riservata una cura estetica che li rendeva unici e irripetibili.

La sacralità del legno

L’arte sacra dell’Alto Adige, intimamente connessa con la tradizione tirolese austriaca, rappresenta una delle dimostrazioni più alte di come la montagna seppe reinterpretare la cultura del proprio tempo, talvolta ponendosi essa stessa come punto di riferimento. In Alto Adige il sentimento religioso è inseparabile dalla creazione artistica, che si manifesta soprattutto nella lavorazione artigianale del legno.

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