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IL TURISMO E L’ALPINISMO

bivacchi e rifugi museo montagna torino

Il Rocciamelone viene salito nel 1358 da Bonifacio Rotario d’Asti, ma è un caso isolato. In realtà i cittadini scoprono le Alpi solo a fine Settecento, spinti dalle relazioni degli scienziati e dalle emozioni degli spiriti romantici.
Dopo Haller, Rousseau e la prima ascensione del Monte Bianco (1786), la borghesia ottocentesca comincia ad appassionarsi ai deliziosi orrori dell’alpe attraversando i colli, soggiornando nei primi alberghi, ingaggiando le guide alpine. Il turismo nasce insieme all’alpinismo.

La nascita di un’industria nuova

Solo nell’Ottocento, in seguito alla scoperta pionieristica di stampo prevalentemente anglosassone, che portò anche alla scalata delle prime cime, le vallate alpine scoprono una nuova industria: il turismo. Ancora non sanno, i montanari, che quegli eccentrici visitatori saliti dalla città sono destinati a scardinare la loro cultura e la loro storia.

I luoghi dell’attesa

I rifugi e i bivacchi sono l’avamposto per chi è intenzionato a scalare le Alpi. Dapprima spartani ricoveri di fortuna, poi sempre più confortevoli alloggiamenti in quota, vedono passare la storia dell’alpinismo. Cambiano i tempi, cambiano le attrezzature, ma una notte in rifugio resta il modo più facile per immergersi nel mistero della montagna, nell’attesa dell’indomani.

Il legame della corda e il significato del chiodo

La corda è un simbolo dell’alpinismo, perché significa sicurezza in un mondo fatto di vuoto. Sono molto cambiate dal tempo dei pionieri, quando la rottura di una fune di canapa sul Cervino, nel 1865, provocò la famosa tragedia di Whymper e Croz. Oggi le corde sintetiche hanno molto ridotto i rischi. Il chiodo è stato fieramente avversato fino alla Prima guerra mondiale, utilizzato ad arte nell’epoca del sesto grado, abusato negli anni sessanta, bandito dalla contestazione degli anni settanta a favore di strumenti a incastro (nut e friend), infine riabilitato negli anni ottanta con il chiodo a espansione (spit)..

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