LAST IMAGE
Un bosco di abeti rossi in sofferenza a causa Bostrico Tipografo e un coleottero che nonostante il nome rassicurante, da anni agisce come parassita degli abeti rossi, portando gli alberi alla morte.
È questo l’oggetto dell’indagine che Laura Pugno ha sviluppato in occasione di Last Image, progetto realizzato nel 2021 per la Fondazione Zegna a Trivero (Biella).
A partire da questo fenomeno patogeno, esacerbato dalle nuove condizioni climatiche in tempo di surriscaldamento globale, l’artista sviluppa una riflessione speculativa sulla relazione tra umano e natura, portandoci a riflettere sul bosco non come luogo bucolico e incontaminato, ma in quanto prodotto di visioni, scelte e azioni umane.
La ricerca di Laura Pugno è un viaggio temporale che dal riferimento agli anni Trenta del Novecento – momento iniziale della rigenerazione boschiva attuata da Ermenegildo Zegna sulle montagne attorno a Trivero – e la fotografia di un presente nel quale la perdita e la trasformazione sono protagoniste, si apre a interrogativi su possibili scenari futuri.
Laura Pugno, Fondazione Zegna, 2021. Veduta dell’installazione. Courtesy l’artista
UNA CONVERSAZIONE TRA L’ARTISTA E ANDREA LERDA:
AL
Last Image nasce nell’ambito di un progetto più ampio che hai realizzato nel 2021 in occasione della mostra Fading Loss I Cronache dal bosco, presso la Fondazione Zegna a Trivero. Ci racconti in cosa consiste questo lavoro fotografico?
LP
Come spesso capita nella mia pratica artistica, la prima fase del progetto prevede la conoscenza diretta del luogo che, a mio modo, mi trovo a dover raccontare. Nell’Oasi Zegna ho perlustrato i boschi decimati da un coleottero, il bostrico tipografo, che si nutre del legno degli abeti rossi lasciando dietro di sé le caratteristiche tracce dalle quali deriva il suo nome. Sono proprio questi cunicoli scavati al di sotto della corteccia che interrompono le linee linfatiche dell’albero, causandone la morte. Ho imparato che l’assenza di corteccia è un chiaro segnale dell’inevitabile morte dell’albero. Per questo, gli alberi malati vengono prontamente segnalati e abbattuti dal corpo forestale dell’Oasi Zegna. Il taglio dell’albero è l’unico modo di impedire la proliferazione del parassita. Era chiaro che stavo osservando una foresta in procinto di sparire. Era importante custodirne una traccia. E conservare per sempre il punto di vista dell’albero, prima della sua sparizione, permettendogli di restituirci il suo ultimo sguardo, mi è sembrata la cosa più poetica e al tempo stesso necessaria da fare.
Laura Pugno, Last Image. Courtesy l’artista
Laura Pugno, Last Image_01, 2021. Photographic print on Harman direct positive paper, 25×20 cm. Courtesy l’artista
AL
Ci spieghi come hai realizzato tecnicamente queste fotografie?
LP
L’incidenza del sole al mattino nel mese di aprile mi ha portato a scegliere gli alberi nei quali inserire una camera oscura. Questa è stata piazzata dentro ad una cavità scavata nel tronco a più di tre metri d’altezza.
Il processo fotografico è quello delle origini: permettere alla luce di impressionare la carta fotosensibile attraverso un foro stenopeico e poi sviluppare il risultato. Di questo lavoro ricorderò il tempo dell’attesa fatto al fianco dell’albero. Il bosco era così buio che il tempo di esposizione necessario è stato di oltre cinquanta minuti.
AL
Letta attraverso una prospettiva semiotica, l’opera è interessante. Mentre l’immagine restituisce idealmente l’ultimo sguardo dell’albero verso il mondo, la fotografia ribalta il punto di vista di chi guarda, offrendo la possibilità di vedere le cose da una posizione non umana. Come ti poni rispetto a questo tema?
LP
Dici bene, entrare nell’albero era proprio il mio scopo. Spostarsi in una nuova prospettiva sottraendoci dal nostro solito punto di vista, ben conscia di tutte le limitazioni del caso. Ho cercato di soddisfare il desiderio di proiettarsi in un mondo complesso, fingendo di poterlo capire, almeno per qualche istante, e sentirsi diversi.
AL
In Last Image, il concetto di paesaggio in quanto costruzione culturale si sovrappone all’immagine del paesaggio montano come ecosistema artefatto. Non è la prima volta che questo tipo di narrazione compare nella tua ricerca.
In realtà quello che mi interessa è che – a partire dal tuo modo di intendere il concetto di paesaggio come esito di una costruzione e costante riscrittura, di cui puoi fare semplicemente cenno, ci racconti come in quel lavoro affronti il tema di un paesaggio boschivo artefatto dal bostrico e quindi esito di una riscrittura/intervento di modificazione su un piano ecosistemico e a seguire paesaggistico.
LP
I boschi dove è nato il lavoro Last image fanno parte della mia infanzia, ed è sempre stato “naturale” entrare nel buio del sottobosco, dove la luce filtrava a fatica tra le chiome degli alberi. Ora per me è evidente che i boschi siano antropizzati. Quelli dell’Oasi Zegna sono stati piantumati negli anni ’30 del secolo scorso da Ermenegildo Zegna che usufruì dei fondi che lo Stato italiano aveva messo a disposizione per il rimboschimento delle montagne. Questa operazione è da contestualizzare temporalmente. Il disboscamento dei secoli precedenti aveva dato spazio a prati per il pascolo e aveva inaridito il suolo. Quindi si pensò che nuovi alberi avrebbero dato vigore ai terreni scoscesi e avrebbero prodotto, se coltivati secondo coscienza, legname da ardere e da opera. Allora quelle erano le priorità.
A distanza di ottant’anni, gli abeti ormai adulti sono in crisi per le piogge acide e, a causa del surriscaldamento del pianeta, la loro temperatura ideale alla crescita si trova 400 metri più in alto rispetto alla quota originaria di piantumazione. Oggi nell’Oasi Zegna si stanno mettendo a dimora nuovi alberi, con più consapevolezza della biodiversità e delle nuove pratiche che la crisi climatica ci impone.
Laura Pugno, Last Image_03, Last Image_04, 2021. Photographic print on Harman direct positive paper, 25×20 cm. Courtesy l’artista
Immagine del rimboschimento attuato da Ermenegildo Zegna a Trivero, 1930-1960
Laura Pugno