CANTALAMISSA

 

Luana Wojaczek Perilli, Cantalamissa. Backstage in progress. Courtesy l’artista e The Gallery Apart, Roma

 

 


UNA CONVERSAZIONE TRA L’ARTISTA, ANDREA LERDA E VERONICA LISINO:

 

AL
La montagna è sempre stata presente all’interno della tua ricerca, così come nella tua vita privata. Una vicinanza tanto fisica quanto emotiva. Mi racconti qual è l’immaginario che – a partire dal legame con questo luogo – ne è scaturito e quali i confini che caratterizzano la tua personale ricerca artistica?

 

LWP
Tra le mie varie origini più o meno distanti (napoletane, tedesche, polacche, abruzzesi..) ci sono anche radici amatriciane da parte di mio nonno materno. I racconti di libertà e scoperta di mia mamma, mandata nei mesi estivi dalla nonna e dalle zie in montagna, fanno parte di una narrazione familiare che riguarda la libertà e l’alleanza fra donne e fra generazioni di donne.
I miei genitori scelsero un posto di vacanza in montagna dove prendere casa e negli anni 80 anche io sono cresciuta avendo la mia dose di libertà tra i boschi nel Parco dei Monti Simbruini.
L’odore della faggeta è qualcosa che parla in modo profondo di me, della mia libertà e della mia identità di donna. Sono tornata in quel parco molte volte negli ultimi anni, lì posso fare la mia piccola transumanza fisica culturale e dove trasmettere a mia figlia, un grande senso di bellezza e resistenza ma anche di rispetto per il mistero della natura selvatica e delle sue popolazioni non umane.
Ho trascorso molti mesi sui monti durante il periodo della pandemia, lì vi ho portato molte volte gli studenti a camminare. Ho sempre avuto interesse per le forme collettive di memoria, di aggregazione e di elaborazione dello spazio pubblico e privato. Ho lavorato a lungo con le intelligenze collettive degli insetti eusociali, con le appropriazioni collettive nell’artigianato, nella lingua (pidgin, creoli e lingue di resistenza come il “polari”) e nell’architettura. Interagire con i boschi e con le comunità delle montagne rientra pienamente in questo spazio di attenzione al collettivo, al linguaggio, alle relazioni trasversali tra comunità viventi.

 

 

 

Luana Wojaczek Perilli, Cantalamissa.
Luana Wojaczek Perilli, Polvrhachis dives kin selection – maiden aunt weaving chair, 2012; Dividual Superorganism (on the wall). Re-generation, Veduta dell’installazione, MACRO Roma.
Courtesy l’artista e The Gallery Apart, Roma

 

 

 

VL
Nell’ultimo periodo hai avviato un progetto tra etnozoologia ed etnobotanica dell’Appeninno che include anche una parte legata agli attraversamenti dei boschi e – altrettanto interessante –  al linguaggio e alla memoria. Puoi parlarcene?

 

LWP
Il progetto “Cantalamissa” nasce da una collaborazione con l’accademia di Belle Arti di Catanzaro partita nel 2022 e della curatrice Simona Caramia. Il progetto è una mappatura, senza pretesa di scientificità, delle comunità dell’Appennino a partire dalle relazioni con la fauna e con l’intelligenza collettiva dei boschi.
L’idea è quella di affrontare parallelamente una serie di narrazioni delle persone intervistate nelle varie località, che confluiranno in un audiovisivo. L’argomento da cui parto sono le vicende della falena diurna “Amata phegea”, oggetto di attenzione e di cattura a volte crudele da riparte dei bambini ma anche di appropriazione immateriale attraverso nomi e nomignoli dialettali. Oltre a raccogliere racconti di relazioni tra uomini e animali facciamo delle passeggiate nei boschi locali. Ogni partecipante sceglie un bastone rinnovando in un gesto semplice e antico l’alleanza tra uomo e territorio. Incorporiamo una protesi vegetale per ritrovare una stabilità animale nel camminare con più di due zampe. In quel momento siamo una somma dei viventi, un’alleanza di mondi animali e vegetali.
A seguire i bastoni vengono accoppiati all’impronta della mano di chi li ha impugnati e alle possibili immagini di pareidolia che ne scaturiscono in un lavoro di scultura collettivo. La nostra capacità di generare immagini è infatti anche un fatto animale e automatico che risiede nelle parti più antiche del cervello. Questo istinto ci permette di vedere fisionomie nelle macchie e nelle forme astratte per reagire come preda-predatore.

 

AL
Il bosco appare (dunque) come un luogo altamente simbolico nel tuo pensiero. Un luogo di “attivazione”, nel quale l’umano si fonde con il “maelstrom biologico” per diventare “altro dall’umano”. Sei interessata all’immaginario animale e al concetto di intelligenza collettiva. Mi racconti perchè e in che modo questi temi si inseriscono in “Cantalamissa”?

 

LWP
Ho iniziato a lavorare nel 2011 con le formiche in grandi installazioni che ospitavano colonie di formiche vive e ricercando in testi di entomologia dell’Ottocento narrazioni e immagini.
La sociobiologia mi aveva profondamente influenzata, così come il concetto di “Superorganismo”.
Una colonia di formiche è dunque il paradosso affascinante della coincidenza uno-molti che poi porta con sé digressioni politiche, sociologiche, mistiche.
La sociobiologia ipotizza che le colonie di insetti eusociali come superorganismo rappresentino dei modelli basati sulla generosità radicale e sull’accudimento tra sorelle. Questo aveva incredibilmente solleticato il mio immaginario da ogni punto di vista. Gli insetti sono il grande “altro” alieno e diverso ma anche la prossimità delle scoperte infantili e in questa tensione per me rappresentano in modo vitale, complesso e non edulcorato, le relazioni tra uomo e natura, o meglio, visto che non vedo una divisione, le relazioni tra viventi.

 

 

VL
Nella tua ricerca, compresi gli ultimi lavori come “Wanderlust” e quelli work in progress come “Cantalamissa”, ti concentri su quei crocevia trasformativi dell’esperienza umana come l’infanzia, l’adolescenza o la maternità. Qual è la tensione che ti anima in questo caso e come questa si collega alla tua relazione con la montagna?

 

LWP
Come dicevo, per me la relazione con la montagna è una relazione di rifugio, guarigione ma anche e soprattutto di meraviglia infantile, libertà, un misto di paura ed eccitazione nel percorrere i sentieri e nell’ incontrare gli animali selvatici. Il potenziale del diventare altro da sé è quello che mi affascina.
La trasformazione fisica e le compenetrazioni dei mondi e dei linguaggi o delle narrazioni possibili.
Rifletto spesso sul fatto che grandi esperienze di formazione culturale e di trasformazione hanno avuto origine in montagna, Black Mountain College o Monte Verità, ma che sulle montagne si sia fatta anche la resistenza politica in molti modi, redigendo prime carte di indipendenza delle comunità locali, contrastando l’inquisizione.
La montagna era anche il luogo del sanatorio, dove si curavano il corpo e la mente. Altra forma di resistenza radicale. Oltre una certa quota l’aria e il pensiero si fa forse più sottile. La comunità un fatto più necessario e ancestrale.

 

 

Luana Wojaczek Perilli. Goldmund, 2021. Courtesy l’artista e The Gallery Apart, Roma

 

 

 

 

Luana Wojaczek Perilli

www.luanaperilli.com/