GIORGIO ORBI

Inthemountains

 

Giorgio Orbi (Roma, 1977) vive e lavora tra Milano, Roma e Marsala.
Nel suo lavoro, in cui l’impiego di differenti media gioca un ruolo significativo, affronta il tema della trasformazione dei paesaggi e l’evoluzione dei generi artistici. Scrittura, suono, immagine in movimento, fotografia, scultura, installazioni con elementi organici e non, sono alcuni dei dispositivi utilizzati dall’artista per trasmettere il suo ricco immaginario.
Alpinista e amante della montagna, Orbi nella sua ricerca affronta spesso, attraverso l’utilizzo di diversa media, il concetto di Montagna come “presenza” naturale e culturale.
“Inthemountains” è un progetto in corso di Orbi la cui ricerca, artistica e identitaria, “goes up and down the mountains” dal 2008.  È un lavoro multiformato in cui trovano spazio una serie di installazioni, un sito web, un programma radio e infine un film. Il sito web (www.inthemountains.org), un flusso lungo e incessante che mette insieme l’archivio fotografico personale dell’artista con alcune delle opere che ha sviluppato all’interno di questa ricerca, è un’opera articolata e stratificata che racconta la ricerca e la pratica artistica di Orbi e il suo interrogarsi sulla montagna, il suo ruolo e quello dell’artista rispetto ai paesaggi della contemporaneità.

 

 

 

INTHEMOUNTAINS, 2018, 4k Video, 00:26:06.  Still frame, Courtesy Galleria Alessandra Bonomo.

 

 

UNA CONVERSAZIONE TRA GIORGIO ORBI E I CURATORI:

 

VL
Nel tuo lavoro è evidente come il suono sia un elemento ricorrente del tuo linguaggio. “Inthemountains” prende le mosse dalla relazione simbolica tra l’immaginario paesaggistico montano e quello delle sottoculture musicali legate al mondo della dance music. Ci puoi spiegare meglio quale sia secondo te il legame tra la montagna e la musica?

 

GO
Il suono può amplificare i processi di isolamento e quelli di integrazione nell’ambiente: quando suoniamo le montagne, mi riferisco alle immagini in movimento; allo sguardo possono apparire irriconoscibili, soprattutto se riportate in un contesto reale.
Gli alpinisti con le loro scalate in luoghi inaccessibili hanno costruito la storia del paesaggio alpino, quello più estremo, inaccessibile. Ecco che un mondo sconosciuto di roccia e ghiaccio diventa di linguaggio. Nello stesso momento, poco più a valle, la loro presenza sempre più ricorrente dà il via all’impresa ricettiva in Montagna.
Gli alpinisti sono stati i primi turisti. La Club Culture introduce un concetto di spazio dilatato: quello fisico diventa infinito grazie a quello mentale. Le Alpi come paesaggio naturale e culturale sono un oggetto complesso, la Dance mette a tempo le idee dei designers che lo hanno progettato. Quando ami la Montagna e provi a raccontarla con la musica: il blues tiene allenato lo spirito, la techno anche il corpo.

 

AL
Una delle cose che mi ha colpito maggiormente nel vedere il film “INTHEMOUNTAINS” è l’associazione – per alcuni versi distopica – che fai tra immagini, suono e riferimenti a sonorità altre e apparentemente indipendenti rispetto alla narrazione visiva.
Ciò che ne emerge è una sinfonia di storie, luoghi, sensazioni, immagini, visioni e temi che, nel connotare caratterialmente il lavoro, raccontando il tuo personale modo di vivere, leggere e sentire la montagna. Ma, se non erro, questo non ha solo a vedere con una concezione personale, piuttosto, con un’idea concettuale ed esperienziale di intendere e fruire la montagna che oggi è radicalmente cambiata. Cosa ne pensi?


GO
L’arrampicata sportiva ha vissuto i cambiamenti sociali per trasformarsi da uno sport underground ad un movimento mainstream che comprende uno stile di vita globalizzato, orientato ai giovani e che oggi va bene per tutte le età. Come la Club Culture.
La Montagna è ancora la mente, l’alpinismo una psicologia primitiva dove conta più l’istinto che l’intelletto; l’alpinismo sa arrivare anche al cuore mentre la psicologia si ferma prima. La complessità e il numero dei passaggi in una palestra di arrampicata simulano le possibilità offerte da un’intelligenza artificiale. Una nuova mente.
Alla fine dell’Ottocento l’alpinismo ha chiamato per la prima volta le Alpi the playground of Europe, oggi le pareti artificiali ricordano gli scenari dei videogiochi. I videogiochi incorporano porzioni della realtà, gli sport incorporano gli scenari e le azioni dei videogiochi.

 

 

 

FLIGHT CASE, 2018, fotografia, legno, alluminio, ferro, gomma, cm 96x130x44. Courtesy Galleria Alessandra Bonomo. Ph: Andrea Rossetti
Saturday Night, 2016, fotografia, stampa lambda, cm 133×100.

 


VL
Sia il sito sia il film “Inthemountains” raccontano un progetto e una ricerca complessi, pieni di riferimenti e sguardi molteplici (tra reale e immaginario, interno ed esterno, passato e presente, suoni d’ambiente ed elettronici, etc.) che mostrano paesaggi alpini in continua metamorfosi. Uno degli aspetti che più mi ha colpito è quello del concetto di ripetizione (il ritmo della musica, la sequenza di immagini, le voci insistite che tornano come un’eco) che impieghi attraverso l’immagine del pappagallo anche nella definizione che dai di Tecnologia quando dici: “Technology is like a well trained parrot, able to duplicate and reproduce any code. Especially their own image”. Come queste intuizioni dialogano con la montagna?

 

GO
A un certo punto i pappagalli sono andati a vivere nelle capitali d’Europa, anche quelle più fredde. È stato come quando un campo del sapere finisce dentro un altro, come quando l’esperienza neorealista si traferisce nella commedia di costume. Luciano Emmer, Domenica d’agosto,1950.
Tra l’umano e il pappagallo ci può essere la stessa empatia che c’è tra l’umano e la tecnologia. Uncanny valley, uncanny parrot. I pappagalli sanno riprodurre il linguaggio e quindi conoscono il tempo, solo che apparentemente non vogliono condividerlo con noi. I pappagalli ripetono le nostre parole, i nostri numeri e ci prendono in giro. A volte quando la tecnologia trasforma in formato digitale quello analogico, oppure quando parliamo ad una aspirapolvere, possiamo avere la stessa sensazione. Questa sensazione scomparirà, proprio come i ghiacciai.
Lo sviluppo di una società in chiave consumistica non può non prendersi cura della natura. In Montagna la tecnologia deve sviluppare insieme il progresso e il selvaggio, e distribuire in eguale misura i profitti della crescita di entrambi i settori all’umano e alla natura.

 

AL
Il ritmo del video sembra invitare all’osservazione della montagna come spazio aperto, contenitore di esperienze, territorio nel quale e attraverso il quale accogliere un’idea di sperimentazione. Il lavoro è nato nell’ambito del Progettoborca presso Dolomiti contemporanee. Che ruolo ha avuto quel luogo e quell’esperienza nella concezione del progetto?

 

GO
Quando sono stato per la prima volta al Villaggio Eni questo era in completo stato d’abbandono, un’archeologia urbana incontaminata in un posto totale, dietro l’Antelao, davanti il Monte Pelmo: due montagne importanti se pensi che l’alpinismo sulle Dolomiti è nato sul Pelmo e l’Antelao è la seconda cima più alta dopo la Marmolada.
Il Villaggio Eni è come un party sperduto tra le montagne, non si capisce quando è iniziato, né quando è finito, però conosciamo chi erano i dj: il petrolio, la politica, la religione, l’economia, la famiglia, il lavoro, il cemento, le vacanze, l’architettura, il design, la Montagna.
In seguito, è diventato uno dei cantieri del modello di rigenerazione del territorio di Dolomiti Contemporanee. Un luogo dimenticato, molto complesso, che si trasforma in un laboratorio di arti visive in ambiente. Qui si sviluppano progetti con gli artisti anche a lungo termine. Quando mi hanno invitato in residenza, la trasmissione su Radio Cortina e le riprese del film sono durate un anno. Progettoborca ha avuto un ruolo molto importante per me perché era tutto lì, bisognava solo rifare le corde.

 

INTHEMOUNTAINS, 2018, 4k Video, 00:26:06.  Still frame, Courtesy Galleria Alessandra Bonomo.
Giorgio Orbi, Pic Tyndall, 2011, 00:3.18. Sound: Giorgio Orbi, Uncanny Parrot, 2021, 06:44. Mixed @steph_sound_

 

VL
Il titolo del progetto deriva da “What the Thunder Said”, la quinta sezione del poemetto “The Waste Land” di T.S. Eliot. Mentre nella prima sezione il poeta e drammaturgo statunitense inneggia alla montagna quale spazio di sollievo dal senso di ansia e frustrazione della “Wast land” cittadina (In the mountains, there you feel free), nel quinto, che tu usi come riferimento e traccia audio, Eliot sembra invece lasciare senza speranza quando dice che non c’è più pace neanche in montagna: There is not even silence in the mountains/ But dry sterile thunder without rain/ There is not even solitude in the mountains/ But red sullen faces snear and snarl. Attraverso la tua ricerca sei riuscito a capire quale è la tua visione della montagna e quale ruolo può avere per l’individuo oggi?

 

GO
Mi piacciono entrambe le visioni, la Montagna può travolgerti con emozioni contrastanti. J. Ball, Peak, Passes and Glaciers, 1859, racconta le escursioni in Montagna dei primi membri dell’Alpine Club UK, The Waste Land, 1922 è stato paragonato a un manuale per sopravvivere alla modernità.
Molti studiosi leggono il poema di Eliot come una sinfonia, un libro che diventa suono. Eliot si proclama classicista in letteratura, eppure The Waste Land celebra il caos della modernità, l’assenza di significato che non ammette più la coerenza della narrazione. Anche l’uso delle parole nella musica Dance segue l’assenza di significato per produrre una reazione di nuovi significati.
In Montagna si ritrovano le coordinate spazio-tempo del nostro ruolo umano nella natura. Se smettiamo di ballare, smettiamo di essere nella natura, Dance the Mountain.
La mia visione della Montagna è quello che sento quando sono in Montagna; andare ad ascoltare la Natura dal vivo, live. È un Club aperto 24h su 24h.