BEPI GHIOTTI
So Sorry, 2019
La ricerca di Bepi Ghiotti spazia dal medium fotografico a quello video, dalla performance alla scultura. Profondamente influenzato dai cambiamenti epocali che stiamo vivendo, il suo lavoro solleva spesso interrogativi e riflessioni sul rapporto tra l’essere umano, il tempo e i luoghi con cui esso si relaziona attraverso una visione critica dell’identità contemporanea.
Figura prepotente e fragile al tempo stesso, la presenza umana è spesso ritratta in dialogo con una natura solenne, all’interno della quale una serie di azioni simboliche e provocatorie forzano il dialogo tra i due.
Bepi Ghiotti, So Sorry, 2019, single channel video HD with sound, 02’40”. Courtesy l’artista
UNA CONVERSAZIONE TRA I CURATORI E L’ARTISTA
AL
Bepi, in uno dei tuoi ultimi lavori, dal titolo So Sorry, compi un gesto emblematico. Immerso in un paesaggio montano di bellezza straordinaria (siamo in prossimità del Colle del Nivolet), procedi in ginocchio in direzione dell’orizzonte. L’azione è molto chiara: un uomo prostrato al mondo sembra cercare il perdono. Non vediamo il tuo volto, non ci è dato sapere quanto rammarico esprima, tuttavia, la sensazione di commozione è molto forte.
In un periodo storico così particolare, ti assumi, in quanto artista, la responsabilità di compiere un gesto che non è unicamente personale, bensì collettivo.
BG
Trovo che la nostra insoddisfazione quotidiana è legata a una costante ricerca di utopie che ci distolgono dalla reale condizione in cui viviamo, e questo mi provoca un certo disagio. In questo video volevo sottolineare questa componente della nostra esistenza. Volevo chiedere scusa alla natura per il modo in cui la trattiamo, per come non siamo in grado di conferirgli il suo giusto valore. Mi sono fatto carico di chiedere scusa per tutti sperando che, forse, una riflessione sulla nostra responsabilità nei confronti della natura avrebbe potuto fare bene a qualcuno.
AL
Trovo molto interessante l’uso che fai del corpo nei tuoi lavori. Prima di So Sorry lo hai impiegato per altri video come Carponi (2018), Mio caro Richard (2017), In Between (2017), Pathless Land (2015), Linee d’acqua (2016). Le azioni, in qualche modo performative, rivelano un forte senso di empatia tra un corpo umano e una montagna, un fiume, un bosco o una foresta.
Questo tuo essere fisicamente nella natura, in procinto di vivere un’esperienza, mi porta a riflettere sul nostro bisogno di sviluppare un nuovo senso “sense of place”. Secondo Hung Ruyu, della National Chiayi University di Taiwan, “the authentic sense of place is significant for us to rethink and re-envision nature as interconnected with us”.
BG
E’ bene che ogni tanto l’individualità venga messa da parte, lasciando spazio ad uno scambio attivo che ci porti ad essere in sintonia con la natura. Nei miei lavori ricerco un’alchimia di sottili equilibri che inevitabilmente passa attraverso il posizionamento del mio corpo nello spazio. Il modo in cui il nostro corpo si muove nel mondo determina la nostra relazione con esso, in questo senso nelle mie azioni i movimenti del corpo sono parte integrante del dialogo con l’ambiente che mi circonda.
VL
Il rapporto/approccio alla natura nel corso dei tuoi lavori è cambiato. Come pensi si possa evolvere ulteriormente in seguito alla situazione attuale?
BG
In questo scenario si tratta di cercare ancora i valori e i significati vicini alla natura e al vissuto quotidiano da cui nessuno è escluso e trovare il modo per ricavare spazi di pensiero libero. Delle radure tra i boschi dove l’uomo, che come dice Beuys “è il custode di un’energia in grado di modificare il mondo”, dovrà individuare le modalità di utilizzo di questa energia per continuare a meritare il ruolo che si è conquistato e vivere questa responsabilità adattandosi alle condizioni che gli verranno incontro.