OLIVO BARBIERI

 

Fotografo tra i più apprezzati e riconosciuti a livello internazionale, Olivo Barbieri usa la fotografia come strumento vivo in grado di interrogare chi osserva e di “intercettare i segnali e le contraddizioni della società.” (D. Jorioz).
La montagna, così come i paesaggi naturali e i centri urbanizzati che ritroviamo nel suo lavoro, è un corpo in continua trasformazione, soggetto alle forti pressioni imposte dai cambiamenti epocali che stiamo vivendo.
Nell’osservare le fotografie di Olivo Barbieri, ci rendiamo conto che nulla resta di incontaminato e che lo storico immaginario della montagna autoctona è definitivamente tramontato, “ogni pezzo di mondo visibile, direttamente o indirettamente è modificato, trasformato dall’uomo”. (O. Barbieri).

 

Olivo Barbieri, Alps Geographies and People, 2012

 

OLIVO BARBIERI IN DIALOGO CON I CURATORI:

 

AL
La montagna è un soggetto ricorrente all’interno del tuo lavoro. Dalla serie Dolomites Project del 2010, ad Alps – Geographies and People del 2012, fino alle più recenti fotografie, realizzate ai luoghi colpiti dalla Tempesta Vaia.
La tua ricerca propone un’immagine della montagna che, come tu stesso hai affermato, è tutt’altro che incontaminata. La mia sensazione è che il processo di costruzione delle immagini sia il medium che scegli per raccontare la decostruzione che questi luoghi stanno subendo, sia da un punto di vista culturale che ambientale.

 

OB
Non credo si possa comunicare una percezione unitariamente consapevole della montagna. Le immagini ci possono aiutare instaurando distanze e cromatismi inediti, declinando mitologie comuni e dati scientifici. Accostando il colore antico dei mari e degli oceani che hanno disegnato le altitudini, alle geometrie di chi le attraversa, è possibile intravvederne un futuro. La prima volta che vidi le montagne provai una certa delusione. Ero molto piccolo e mi dissero “ti portiamo in montagna”. Salimmo in macchina e dopo un breve viaggio ci fermammo davanti ad una montagna. Quando chiesi perché non salivamo sulla punta della montagna mi fu risposto che non era possibile, solo gli scalatori lo potevano fare e noi non eravamo scalatori. Molte persone quando dicono di andare regolarmente in montagna lo dicono come se questa attività li rendesse speciali. Anche moltissimi scrittori, filosofi e scienziati tra le cose per loro importanti precisano di amare molto la montagna. Con le mie immagini ho cercato di capire perché si ama la montagna e cosa ci sia oggi di realmente consapevole in questa attitudine.

 

Olivo Barbieri, Alps Geographies and People, 2012;

 

AL
Molti dei tuoi lavori attivano riflessioni sul concetto di limite e, al tempo stesso, sulla cultura del no limits che la società contemporanea veste con sprezzante disinvoltura. Dalla trasformazione di luoghi naturali in parchi a tema – ritratti nella serie di fotografie dedicate alle montagne cinesi in Guizhou, Hunan, Anhui e Yangshuo – alle immagini incredibili di bovini che, nello Jatibarang, in Indonesia, pascolano su montagne di rifiuti.
Pensi che oggi il ruolo della fotografia e del fotografo sia cambiato?

 

OB
Il ruolo della fotografia e del fotografo, ammesso che questo ruolo sia consapevolmente esistito, non è solo cambiato ma è estinto. Abitiamo un immane panottico sincronico. Attraversiamo la vita in un apparente eterno tempo reale. Le fotografie e i filmati non si fermano mai. I satelliti, google map, street view, internet non dormono mai. Questa produzione di immagini della superficie del tutto è un organismo autonomo. Tanti dichiarano che tra internet e il presunto mondo reale non c’è nessuna differenza, che il mondo reale non li interessa. “Vuoi lavorare al mondo? E’ già finito” scriveva J. W. Goethe duecento anni fa. Ogni epoca sa ricominciare.

 

VL
Con l’uso del fuoco selettivo e della ripresa aerea il risultato è un’immagine che rimanda al plastico e alla maquette, rafforzando così la sensazione che le strutture mostrate – le montagne che definisci “strutture naturali” – non siano realtà effettive e preesistenti, ma piuttosto modelli che rappresentano il reale. Oltre al desiderio di rivelare lo scarto tra la visione dell’occhio e l’abilità del mezzo, tra realtà e rappresentazione, mi sembra ci sia da parte tua l’interesse a mostrare più che un luogo di per sé (il Monte Bianco, le Dolomiti, le montagne della Cina) la relazione tra questo e l’uomo che ne fa parte, evidenziando proporzioni e posizioni reali per cui appare evidente la finitezza dell’essere umano. D’ altra parte il tuo lavoro solleva la questione di un rinnovato equilibrio naturale associato al turismo di massa che, se da un lato consuma i luoghi, dall’altra ne garantisce la sopravvivenza.

 

OB
Ho tentato di realizzare immagini che si domandassero se quanto rappresentano sia sensato. Ho riportato il rappresentabile allo stato di maquette, modello in scala, rendering, disegno e progetto. Abbiamo suddiviso l’esistente in parchi a tema reali o virtuali. Esiste solo ciò che ci serve. Anche le cascate del Niagara non esistono, sono solo una scenografia per turisti. Come in un son e lumière qualsiasi, a mezzanotte si spengono le luci e l’acqua smette di scorrere. Fotografo i luoghi naturali non come crediamo che ci appaiano ma come crediamo di ricordarli. Qualsiasi immagine ci può sopravvivere ma per quanto ancora sarà così?

 

In ordine: Olivo Barbieri, Alps Geographies and People #27, 2019; The Waterfall Project, Iguazu, Argentina-Brasil, 2007

 

 

Olivo Barbieri, Carpi, Modena, 1954
La sua ricerca si concentra inizialmente sull’illuminazione artificiale nella città europea e orientale. Dal 1989 viaggia abitualmente in Oriente, soprattutto in Cina. Inizia ad esporre nel 1978 con il progetto Flippers. Nel 1982 partecipa a Viaggio in Italia. Nel 1996 il Museum Folkwang di Essen gli dedica una retrospettiva. Nel 2001 Silvana Editoriale pubblica Virtual Truths. Nel 2013 Aperture, New York pubblica site specific_03 13. Nel 2015 Hatje Cantz pubblica ERSATZ LIGHTS. Nel 2015 il Museo MAXXI di Roma presenta la sua prima  retrospettiva in Italia Immagini 1978-2014.
Due film della serie site specific_ fanno parte della collezione del MoMA New York.
Sull’opera dell’artista sono state pubblicate 50 monografie e cataloghi.
Opere di Barbieri sono presenti in musei e collezioni d’arte pubbliche e private in Europa, Asia e Stati Uniti.